Salta al contenuto

Introduzione

Secondogenita di Vittorio Emanuele III, Re d'Italia, e della regina Elena del Montenegro, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, di indole docile e obbediente, ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte.

Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il langravio Filippo d'Assia.

Fu il periodo dell'ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda con simpatia. Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi. Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re fuggirono al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Romania. Mafalda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata.

Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da Monsignor Montini (il futuro Papa Paolo VI).

Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con tutta calma, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg. Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera; fu trasferita poi a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Nell'agosto del 1944 gli anglo-americani bombardarono il lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta e lei riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo. Fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. Ancora addormentata, Mafalda venne abbandonata in una stanza, privata di ulteriori cure e lasciata a sé stessa. Morì dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944.

Ultimo aggiornamento: 23-03-2024, 16:35

Contenuti correlati