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Introduzione

Detta Giannina, fin da giovane cominciò a frequentare ambienti socialisti e in seguito, stabilitasi a Bologna, si dedicò sempre più attivamente al lavoro di partito. Nella sezione socialista che frequentava conobbe Luigi Alvisi, che sposò nel 1914, le famiglie Betti e Dozza. Nel 1921, dopo la scissione di Livorno, gli Alvisi aderirono al partito comunista, iniziando un’attività di propaganda clandestina per evitare le aggressioni e le persecuzioni fasciste che già cominciavano ad infierire su chi apparteneva ai movimenti di sinistra.

Il negozio di calzature degli Alvisi divenne un deposito di stampa clandestina e fu usato per riunioni, collegamenti e per la distribuzione del soccorso rosso. Giannina fu ufficialmente inviata al funerale di Giacomo Matteotti in rappresentanza delle donne comuniste bolognesi. In seguito alla confessione di un attivista, fu arrestata con 82 persone e picchiata a sangue dalla polizia fascista. In carcere, dopo 17 giorni di sciopero della fame ottenne la scarcerazione del marito. Trasferita in seguito al carcere Regina Coeli di Roma, fu processata dal Tribunale Speciale il 1° febbraio 1929 e condannata a quindici mesi di carcere per propaganda comunista e a tre mesi per ribellione alla forza pubblica. Una volta libera, riprese l’attività politica e nel 1934 fu di nuovo arrestata.

Ancora costretta a subire la tortura di lunghissimi interrogatori e confronti con compagni indiziati, fu rilasciata dopo due mesi di carcere per assenza di prove a suo carico. Continuò di nuovo il suo lavoro di propaganda e di aiuto ai perseguitati che cercavano di sfuggire alle ricerche della polizia, a volte ospitandoli ed aiutandoli anche finanziariamente. Nel periodo della Resistenza si incaricò anche di rifornire i partigiani di armi e di viveri.

Ultimo aggiornamento: 23-03-2024, 17:03